E’ probabilmente falso dire che «il mare non bagna Napoli» come afferma Anna Maria Ortese nel titolo della sua raccolta di più famosa. È sicuramente vero che il mare non bagna Milano. Tuttalpiù, per i weekend d’estate, c’è Santa Margherita. Di questo Olivia Marni – nel nuovo libro di Ester Viola, «Gli spaiati», Einaudi, 2018, 17 euro – si rende conto subito nei primi giorni a Milano. Poi c’è freddo, c’è la nebbia (non quella di Benevento, d’accordo), si mangia male e si spende troppo in locali pretenziosi e piccoli come scatole di scarpe.

E comunque mica l’ha scelto Olivia tutto questo freddo. Semplicemente si è trasferita perché si è trasferito Luca Ardenghi, il suo capo e ora il suo compagno. E nemmeno Luca ha deciso autonomamente il trasloco: è arrivato a Milano perché la sua ex moglie, lei sì, ha deciso di cambiare città e vita. Oltre che stato civile. Ci sono i bambini di mezzo e Luca è (cioè, si considera) un buon padre, quindi «trasloco a Milano» come scelta obbligata. Così Olivia, un po’ come le salmerie di Napoleone che seguono l’esercito, il quale a sua volta si adegua alle decisioni dell’imperatore, si ritrova in un nuovo studio e in una nuova città, anche se il lavoro è sostanzialmente lo stesso, cioè quello del libro precedente: avvocato divorzista.

E naturalmente Olivia ha un nuovo status: quello di accoppiata in un mondo di spaiati, cioè di persone sole, che hanno lasciato o che sono state lasciate; che non hanno trovato o non sono state trovate, dolci mele, alte sul ramo più alto. La storia dell’amore spaiato è sempre quella ed è talmente così da sempre che per capirla ti aiuta anche Platone. Come racconta – o meglio fa raccontare nel «Simposio» a Aristofane – è tutta colpa di Zeus. E un po’ della hybris degli umani che quando si tratta di prendere d’assalto l’Olimpo son sempre pronti. Così Zeus con un fulmine li divide tutti. Perché, mi sono dimenticato di dirlo, all’epoca noi umani eravamo tondi, con quattro braccia, quattro gambe, due teste e due organi sessuali (si presume anche quattro reni e quattro polmoni, ma non è specificato). Il succo è questo: da allora noi umani siamo alla ricerca della nostra metà perduta. Il desiderio è questo anelare all’unità.

Solo che alcuni alla fine non la trovano la metà a cui ricongiungersi. E in effetti non è facile. Statisticamente, intendo. Così stanno da soli, struggendosi. O stanno in coppia, ma non troppo sicuri, cercando di darsi un tono, come Olivia che è quasi kierkegaardiana nella sua decisione etica di stare attaccata a Luca, ripetendo giorno per giorno la sua scelta. Bambini compresi.

Eppure, per dirla sempre con Platone, che questa volta fa parlare Diotima, Eros, l’Amore, è figlio di Penìa (la Povertà) e Pòros (la Ricchezza). É sazio, ma sempre affamato. É ricco, ma sempre povero. É appagato, ma sempre in cerca di qualcosa d’altro. Quindi aspettiamoci sviluppi a breve. Magari un ritorno a Napoli. Al suo mare, al suo vulcano, ai suoi cornetti. Del resto è il luogo dove accade tutto anche in questo libro così (fintamente) milanese.

Recensione pubblicata sulla Gazzetta di Parma del primo dicembre 2018