«Delay, Deny and Deflect», cioè, «ritardare, negare e sviare»: questa è stata, secondo il New York Times, la strategia che i vertici di Facebook – Mark Zuckerberg e Sheryl Sandeberg, l’amministratore delegato e la chief operating officer – hanno usato per cercare di uscire dalla profonda crisi del popolare social network. I due, secondo l’inchiesta del giornale newyorkese, erano troppo concentrati sulla crescita della loro creatura e così hanno ignorato i segnali d’allarme e poi cercato di nasconderli. «In alcuni dei momenti critici negli ultimi tre anni», mette in evidenza il New York Times sulla base di interviste con una cinquantina di dipendenti ed ex dipendenti di Facebook, i due al vertice dell’azienda «erano distratti da progetti personali e così passavano le decisioni sulla sicurezza e quelle riguardanti la politica a dei sottoposti». Poi, come detto, una volta combinato i pasticci – cioè, per citare solo gli scandali più gravi, il tentativo dei russi di condizionare le presidenziali Usa del 2016 grazie al social network e la profilazione «sporca» attuata da Cambridge Analytca – i due hanno ripetutamente negato, arrivando a sviare l’attenzione dai problemi della società alimentando la disinformazione, anche quella contro George Soros assoldando per questo una società di pubbliche relazioni specializzata.

Naturalmente la società e i vertici hanno respinto tutte le accuse che Zuckerberg ritiene «semplicemente false». Il Cda della società, invece, parla di «numerose imprecisioni» nelle ricostruzioni, e mette in evidenza i passi in avanti compiuti nei controlli, anche sul fronte dei discorsi di incitamento all’odio e ribadisce di aver chiesto allo stesso Zuckerberg e alla Sandberg un’azione più rapida sulle interferenze russe, ritenendo però «ingiusto» pensare che questi ultimi ne fossero a conoscenza.

Con questi chiari di luna non c’è da stupirsi se il morale dei dipendenti del social network sia basso, come certifica un sondaggio riportato dal Wall Street Journal. Ma questo è il problema minore perché ormai negli Stati Uniti si chiede apertamente, da parte dei media e del ceto politico, una legge per regolamentare l’attività dei social network e probabilmente non basterà più la faccia da bravo ragazzo di Zuckerberg che recita il «mea culpa» per evitare che succeda.

Analisi pubblicata sulla Gazzetta di Parma del 19 novembre 2018