E’ vero che non si vive solo di «numerini», come ci ricordano un giorno sì e l’altro pure gli esponenti del governo, ma quelli resi noti ieri dall’Istat sono «numerini» preoccupanti. Infatti certificano che l’economia italiana è in frenata nel terzo trimestre di quest’anno per la prima volta dal 2014. Si tratta di una variazione minima (-0,1% rispetto al trimestre precedente), ma vale per l’inversione del trend di crescita. Così la variazione acquisita per il 2018 è pari a +0,9% (al posto del +1,2% delle stime). Ma non è finita qui. Infatti anche i «numerini» del mercato del lavoro non sono esaltanti. La disoccupazione a ottobre, infatti, è al 10,6% con una crescita di 0,2 punti su settembre. La disoccupazione giovanile, poi, sale ancora di più (è al 32,5%).

 Come si vede dati non drammatici, ma sicuramente preoccupanti e che, sopratutto, indicano una tendenza negativa che presto potrebbe sfociare in una recessione. Ci sono, poi, molti dubbi che una manovra, come quella impostata dal governo, tutta puntata sulle spese sociali e non sugli investimenti, possa invertire il trend.

Però l’esecutivo sembra essere fin troppo ottimista con il premier Conte che dice che «il Pil verrà fatto crescere» e con i vicepremier che se la prendono, come da copione, con l’operato dei governi precedenti. Eppure l’esecutivo è in carica da mesi e non da pochi giorni. E tutto questo conferma il fatto che in Italia cambia tutto, ma nessuno si prende mai la responsabilità di niente.

Editoriale pubblicato il primo dicembre 2018 sulla Gazzetta di Parma