Quella del criminale comune diventato terrorista è una storia che si ripete. Almeno in Francia, visto che la metà dei terroristi islamici francesi ha precedenti penali per reati comuni. Ma la storia di Cherif Chekatt, l’attentatore di Strasburgo ucciso ieri sera, è paradigmatica.  Checkatt, riporta «Le Monde», è uno dei 12 tra fratelli e fratellastri, sorelle e sorellastre di una famiglia problematica e decisamente allargata molto conosciuta a Strasburgo. Una battuta che gira tra gli avvocati della città è questa: «Non hai ancora difeso un Chekatt? Beh, prima o poi ti capiterà». Cherif ha un pedigree criminale con i fiocchi: 67 indagini per reati contro la persona o il patrimonio e 27 condanne.

Ma a un certo punto Cherif, il criminale Cherif, si radicalizza. Non si tratta di una conversione radicata in un genuino sentimento religioso, quanto piuttosto di un’adesione ai dettami di una stretta pratica religiosa legata a un’ideologia estremista piena di odio per gli infedeli. Cherif, il criminale Cherif, diventa Cherif l’islamista, il ragazzo che mostra ben evidente sulla fronte la «zebiba», il callo della preghiera dei musulmani osservanti.

Ora è pronto a incanalare il suo odio nichilista, la molla scatenante della devianza e che al tempo stesso la alimenta, verso un bersaglio preciso: gli «infedeli». Così parte la corsa contro il tempo per cercare di disinnescare questa bomba umana. Un lavoro di intelligence che, purtroppo, non è servito ad evitare la strage.

Editoriale pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 14 dicembre