Il programma tv di maggior successo della settimana scorsa – almeno come quantità di reazioni sui mass media – non è stato uno show, una serie televisiva e nemmeno un «reality», ma la doppia audizione al Senato degli Stati Uniti per il pro- cesso di conferma di un giudice della Corte suprema, il massimo organo giurisdizionale americano che decide della costituzionalità delle leggi.

La Corte suprema è il più importante contrappeso al potere legislativo del Congresso e di quello esecutivo del presidente e del suo governo. I giudici sono incaricati a vita dopo essere stati designati dal presidente e confermati da un voto del Senato. Per questo è così importante per un presidente designare quanti più membri della Corte possibile, perché, in questo modo, se il giudice è abbastanza giovane e di salute non cagionevole, l’eredità ideologica della presidenza potrà durare più a lungo dei due mandati che sono il massimo concesso a qualunque «commander in chief».

Trump ha già nominato un membro della Corte suprema, Neil Gorsuch, e con la designazione di Brett Kavanaugh ha l’opportunità di cambiare per molto tempo gli equilibri del supremo organo giuridico, spostandoli in modo deciso verso l’ideologia del conservatorismo americano. Quindi i democratici sono sul piede di guerra per cercare di blocare Kavanaugh.

Ma non è il pur accesissimo scontro ideologico quello che ha stregato gli americani. Sono invece temi come la violenza sessuale e i rapporti di potere tra i sessi. Christine Blasey Ford – 51 anni, stimata docente universitaria di psicologia – ha infatti accusato Kavanaugh di aver tentato di stuprarla durante una festa negli anni del liceo. Poi ne è saltata fuori un’altra, Deborah Ramirez, che ha affermato di essere stata testimone di altri comportamenti impropri a Yale. Infine anche una terza donna si è fatta avanti.

Per questi motivi l’audizione della Ford e la replica di Kavanaugh sono diventati il programma tv della settimana. E qui sono iniziati i problemi del giudice. Perché la deposizione della Ford – con tutte le sue incertezze – ha ribadito un unico concetto: lei è sicura «al 100 per cento» che Kavanaugh ha tentato di violentarla. «Le risate di Brett e del suo compare mentre tentavano la violenza sono stampati nella mia memoria», ha detto la Ford. Kavanaugh, invece, non è stato così convincente pur ribadendo, in modo egualmente emotivo, lacrime comprese, la sua totale innocenza. La rabbia nemmeno mascherata ha giocato a suo sfavore. La verità televisiva non è razionale, ma emotiva: la fragilità attrae, la rabbia respinge. Così ora ci sarà un’ulteriore indagine della Fbi, che probabilmente non arriverà a conclusioni certe e inconfutabili. Ma a Kavananugh, se eletto, rimarrà lo stigma del violentatore. Il secondo giudice in questa Corte ad avere quel tipo di reputazione, tra l’altro. Infatti Clarence Thomas, anche lui conservatore, fu ugualmente accusato di molestie. Forse un po’ troppo per le donne americane che a novembre andranno al voto.

Editoriale pubblicato sulla Gazzetta di Parma del primo ottobre