Viviamo in un’epoca che non sopporta l’incertezza e pretende chiarezza assoluta. Sempre e ovunque. Il tutto in tempi rapidi. Anzi rapidissimi. Se possibile istantanei. Purtroppo però molte cose della vita e del mondo sono complicate. Complesse.

Il gran libro della natura – diceva Galileo nel «Saggiatore» – è scritto «in lingua matematica e i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure geometriche» e «senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto». Per questo abbiamo bisogno di professionisti. Ma anche loro hanno bisogno di tempo per capire e raggiungere conclusioni che a volte sono solo probabili.

Questo per dire che non è semplice capire perché il viadotto Morandi sia crollato. E ci vorranno mesi per raggiungere una conclusione. Si spera univoca. Ieri, per esempio, qualcuno ha dato la colpa a un «carroponte», il cui peso avrebbe indebolito una struttura già ammalorata. Peccato, però che il «carroponte», dice la ditta, non fosse ancora stato installato. E comunque il suo peso – 7 tonnellate – è minore di quello di un Tir. Insomma, anche se il premier Conte ha detto che «non si possono attendere i tempi della giustizia», bisognerà aspettare qualche mese. Anche solo per avere un quadro delle cause del crollo. Ma è molto più semplice trovare un capro espiatorio. Un rito tribale, ma che pare adatto alla dittatura dell’istante di questi tempi iperconnessi.

Editoriale della Gazzetta di Parma del 21 agosto 2018